La Porta dell’Inferno
“Per me si va nella città dolente,
Per me si va nell’eterno dolore,
Per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore:
Fecemi la divina potestate,
La somma sapienza e il primo amore.
Dinanzi a me non fur cose create,
Se non eterne, ed io eterno duro.
Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate.”
Si entra in un guscio, attraversando uno stretto passaggio irto di filo spinato, a cui si può accedere non più di uno alla volta, e si è dominati dalle terzine dantesche del terzo canto, a scandire il ritmo degli inferni: inferni della guerra, inferni della mente, inferni del sesso, inferni della religione.
In fondo a questo guscio, a perdersi verso gli infiniti, vi è una fessura/dedalo di cui non si può vedere il fondo, intessuta da gelatine fotografiche illustranti un vasto repertorio delle rappresentazioni umane dell’Inferno, che vanno dai miniatori medioevali a Doré, da Blake a Michelangelo, da Signorelli a Rodin.
Le labbra di questa fessura, iscritte con brani dell’Inferno dantesco, si dilatano a cerchi successivi in una collana di riproduzioni infernali.
La prima sezione, che evoca gli inferni della guerra, è costellata di calchi di proiettili, armi, maschere antigas e strumenti di morte a racchiudere brandelli del Mein Kampf di Hitler, discorsi di Mussolini, ordini del giorno militari, stralci dai libri di Primo Levi, con il corollario di immagini di ciò che ha lasciato indelebilmente inciso sulle persone, ed infine calchi e lacerti di membra umane sofferenti, come effetto tangibile di questo modo di vivere il mondo, avvolti da varie poesie. In alto, come ghirlanda ad una alabarda, una poesia di Nelly Sachs.
La mente esplora i labirinti di Ginsberg, di Sylvia Plath, del pangermanesimo, di Alda Merini, di Christine Lavant, di anonimi rinchiusi in manicomi disperati, con immagini tratte da libri su Basaglia.
L’inferno del sesso è dominato da un altorilievo in grandezza naturale di Paolo e Francesca che ricrea tridimensionalmente la famosa incisione di Doré, attorniato da poesie di Verlaine, Baudelaire, Oscar Wilde, Apollinaire, immagini delle più varie origini sull’erotismo visivo, sulla pornografia e varie perversioni e terribili testi di De Sade e Masoch, che si mescolano e sconfinano nel magma incandescente dell’inferno della religione.
All’esterno, in corrispondenza con quest’ultima sezione, è ricostruita una parte di coro di chiesa medievale, proveniente da una Certosa fatiscente, e nella parte interna sono incisi o stampati brandelli di documenti dell’Inquisizione, dominati dal Malleus Maleficarum (Martello delle Streghe), il famigerato manuale degli inquisitori (in uso sino alla fine dell’Ottocento), con le conseguenti immagini del pensiero terrifico, repressivo e sessuofobico che il cattolicesimo di quel periodo veicolava, e delle applicazioni di questa visione del mondo sui corpi veri e concreti.
Materiali: Legno, ferro, gesso, cemento, gelatine fotografiche, stampe al carbone
Dimensioni: cm. 275x430x300
Anno: work in progress 1999/2022
The Door to Hell
“Through me the way is to the city dolent,
Through me the way is to eternal dole,
Through me the way among the people lost.
Justice incited my sublime Creator;
Created me divine Onnipotence,
The highest wisdom and the primal love.
Before me there were no created things,
Only eterne, and I eternal last.
All hope abandon, ye who enter in.”
It’s a white huge shell with a narrow entrance, spiked with barbed wire. Visitors, allowed to enter one at a time, are overwhelmed by the tercets drawn from Dante’s third Canto, an echo of Dante’s Hell. They are meant to recall Hell from different view points: war, mind, sex and religion. At the very bottom of the shell, a dedalus of photographic emulsions opens up towards infiniteness, which remind the onlooker of various representations – men and women figured out of hell – starting from medieval miniaturists to Doré, from William Blake to Michelangelo, from Signorelli to Rodin.
The edges of the opening, on wich passages from Dante’s tale are inscribed, open up into circles breaking themselves open into different “hellish” reproductions.
Part one suggesting war is spangled with bullets, weapons, gas masks to recall sections by Hitler’s Mein Kampf, Mussolini’s speeches, passages from Primo Levi’s books. Along with them, the corollary of unforgettable images and memories: last but not least mouldings and limbs and bicepts of suffering human bodies.
Above all, as a wreath on a halberd, a poem by Nelly Sachs.
One’s mind explores Ginsberg’s and Sylvia Plath’s labyrinths, inquires into Pan-Germanism, into the lines of Alda Merini, of Christine Lavant, into the lives of nameless, hopeless human beings, along with images drawn from books on Basaglia.
A life size high-relief of Paolo and Francesca is the focus of sex hell, an attempt to three dimensionally reproduce the well known engraving by Doré, surrouded by poems by Verlaine, Baudelaire, Oscar Wilde, Apollinaire along with images dealing with various origins connected with visual heroticism, pornography, sexual perversions De Sade and Masoch have been writing about. The whole “scenario” mingles with and overflows into the white-hot magma of Religion Hell.
Outside, facing this last section lies a portion of a chorus once built in a medieval church, originating in a decaying Carthusian Monastery; in the inside prints and engravings drawn from Inquisition documents, their focus being the Malleus Maleficarum, the notorious handbook used by the Inquisitors (through centuries, up the end of XIX Century). Consequently of course one’s mind recalls the aweful, repressive and related to sex-fobia catholic creed applied to real, material bodies.
Materials: wood, iron, chalk, concrete, photographic emulsions, coal prints.
Dimensions: cm 275x430x300
Year: 1999/2022